09/05/2014
Regioni a confronto
(Paolo Rigoni) Proseguono a ritmo serrato gli incontri per il Corso di cucina tradizionale e regionale Le Mani in Pasta 2014 che ha ormai superato il giro di boa. L’attenzione e la frequenza si sono mantenute sempre a ritmi elevati e fioccano già le richieste per approfondire, eseguire e gustare nuovi argomenti. Assai interessanti le ultime lezioni Al Teatro, da Sara a Panarella, Alla Rosa nel corso delle quali corsisti ed docenti si sono fronteggiati in una sorta di disfida tra le tradizioni regionali italiane. Hanno iniziato la tenzone le papozzane Anna Lodo e la figlia Antonella Pietropoli che hanno proposto le pasqualine, dolcetti di Pasqua, soliti farsi nel forno da pane. Molto semplici, uova e farina, e pure assai elaborati, a forma di treccia ed arricchiti con zucchero a velo, mandorle e d altro ancora. Hanno continuato con la torta di riso, che propriamente papozzana o polesana non è ma appartiene al vissuto delle mondine che dalla stazione di Rovigo in grande numero partivano verso le risaie del vercellese. E al ritorno a Papozze, tutte portavano un sacchettino di riso con cui festeggiare il paese sospirato.
Ha proseguito Luisa Tolu, sarda, che ha proposto le seadas, sorta di frittelle dei pastori barbaricini che venivano preparate al ritorno dalla transumanza nella piana del campidano. Seadas salate con ricotta di capra, erbe aromatiche dal gusto deciso e zafferano; e seadas dolci con pecorino fresco lasciato un po’ ad inacidire e aromatizzato con limone.
Infine Caterina Vernile, pugliese di Bari, che si è cimentata con la tiella, piatto unico con patate, cozze, riso, prezzemolo, cipolla. parmigiano, pan grattato e olio di oliva.
A chi la palma della vittoria? I corsisti che poi hanno dovuto degustare ed esprimere il loro parere con un voto non son riusciti a decretare un vincitore. Non per timore del giudizio delle loro docenti, quanto piuttosto “perché le cucine regionali sono tutte ottime e sono il segno, ha sottolineato Andrea De Grandis, uno dei nuovi responsabili di Slow Food Rovigo, della grande varietà e ricchezza dell’Italia. Varietà e ricchezza che noi vogliamo salvaguardare. E’ certo in ogni caso che il Polesine se la cava egregiamente e non sfigura quando si pone in competizione con altre tradizioni che magari sono maggiormente riconosciute e riconoscibili”.